Nuovi limiti imposti all'uso dei Nonilfenoli Etossilati

Restrizioni UE sui prodotti tessili: la bozza di regolamento pubblicata dalla Commissione Europea lo scorso maggio limita fortemente l’uso di Nonilfenoli Etossilati nei prodotti tessili. Scaduti i termini per i commenti alla bozza, se ne attende l’esame che precede il rilascio della stesura ufficiale.

Il passaggio di cui si propone l’inserimento – e che emenderà l’
Annex XVII del REACH – stabilisce che a partire da 60 mesi dalla data di entrata in vigore della norma, i Nonilfenoli Etossilati, (C2H40)nC15H240, non potranno essere utilizzati negli articoli tessili sottoposti presumibilmente a lavaggio in acqua durante il normale ciclo di vita “in concentrazioni uguali o seperiori allo 0,01% in peso del manufatto tessile o di parte di esso”.
Questo principio non si applica agli 
articoli tessili di seconda mano a agli articoli nuovi ma prodotti esclusivamente da tessili riciclati.

In linea con il 
Regolamento 1007/2011/EU, viene definito anche il “manufatto tessile” al quale s’intende applicare la restrizione e, cioè, qualunque prodotto – non finito, semi-finito o finito – composto per almeno l’80% di peso di fibre tessili o ogni altro prodotto che contiene una parte composta per almeno l’89% di peso di fibre tessili.

Cosa sono i Nonilfenoli Etossilati? Si tratta di 
sostanze tossiche molto utilizzate nei processi tessili, oggetto non a caso di varie campagne di contrasto da parte delle associazioni ambientaliste.
La nuova norma impatterà su un’ampia gamma di prodotti, inclusi gli articoli in cotone, seta e lino – in cui i Nonilfenoli etossilati sono impiegati per “aiutare” la consistenza dei coloranti – e i prodotti in denim, nei quali vengono spesso utilizzati durante la fase di ammorbidimento dei tessuti.

Lanartex è sempre al passo con i tempi: siamo tra i primi laboratori di analisi tessili italiani ad aver accreditato questa analisi.

Per maggiori informazioni su questa prova potete scrivere a labo@lanartex.it

Le nuove frontiere dell’abbigliamento: scambio di capi usati e noleggio dai negozi


Si susseguono grandi novità nel settore dell’abbigliamentoIn Italia sta crescendo sempre di più la pratica del “Fashion sharing”: lo scambio degli abiti usati, una moda molto diffusa fra le giovani generazioni e che si sta anche diffondendo velocemente anche in tutti gli ambienti legati al glamour. 
Un esempio del fenomeno del Fashion sharing è il sito Rent the Runaway, che permette di noleggiare online abiti e accessori di alta moda a prezzi eccezionali. Un’altra formula particolarmente interessante è quella del fai da te: ovvero fotografare i propri capi e metterli online su una piattaforma dedicata con l’obiettivo di noleggiarli o scambiarli con altri utenti. 
Tra gli esempi di questa tipologia di condivisione del guardaroba possiamo citare l’americana Poshmark, la versione italiana Drexcode e MySecretDressing
Infine, un’altra importante iniziativa è Armadio Verde, il primo marketplace italiano per scambiare vestiti per bambini. Una grande idea nata da tre genitori che, per ovviare allo spreco di vestiti regalati o acquistati ma indossati pochissime volte, hanno deciso di ridare valore ai capi di abbigliamento. 

Vestirsi sicuri: indagine sui capi d’abbigliamento d’importazione

Vestirsi è sempre stato un modo per proteggersi e per coprirsi. Adesso rischia di diventare pericoloso per chi ha la pelle sensibile, per i bambini, per chi soffre di allergie.  È possibile che i jeans che indossate siano stati trattati con prodotti nocivi alla persona, la t-shirt o l’abito o addirittura l’intimo che state acquistando contengono nichel, pentaclorofenolo, coloranti cancerogeni, tutte sostanze chimiche che possono diventare pericolose. Non è un caso che il 7-8 % delle patologie dermatologiche sono dovute a capi d'abbigliamento. Ed è proprio l'Associazione Tessile e Salute a rendere noto il dato (http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/07/18/news/i_nostri_veleni_quotidiani_3_cosa_indossiamo_-63248828/). Anche Lanartex dopo aver svolto un'indagine sul territorio (Regione Toscana), acquistando ed analizzando campioni prelevati dal mercato per cercare la presenza di sostanze pericolose, ha fatto un resoconto ed il risultato non è affatto positivo. 

È stato constatato che i livelli di PH nel 29% dei casi non venivano rispettati. Inoltre nei tessuti è stata riscontrata la presenza di metalli pesanti (6%), ammine aromatiche cancerogene (4%), coloranti allergenici (4%), formaldeide (4%). Mentre sulle calzature in pelle, soprattutto d'importazione, si è scoperto che il 40% di queste conteneva cromo VI: un agente cancerogeno.

Secondo un'altra inchiesta svolta dalla SIDAPA* (Società Italiana di Dermatologia Allergologica Professionale e Ambientale sulle dermatiti da tessuti) su 401 pazienti (dai 5 agli 84 anni) i tessuti erano causa di allergie per il 69,1% dei casi; gli accessori metallici dell'abbigliamento per il 16,5%; le scarpe per il 14,4%. (*dati raccolti da internet)

Nell'abbigliamento dei bambini abbiamo riscontrato: pentaclorofenolo, formaldeide, tetraclorofenolo, nonilfenolo etossilato al di sopra di quanto permesso nei principali capitolati ecologici privati . 

Analizzando la composizione fibrosa dei capi di abbigliamento, nel 30% circa dei casi la composizione delle fibre riportate in etichetta è sbagliata, per non parlare delle modalità di lavaggio indicate in etichetta, molte sono con simboli errati e quando questi sono corretti, i consigli di manutenzione non rispecchiano le proprietà dei tessuti usati!

Questo fatto non sembra proprio in cima ai pensieri del mercato, che soprattutto nella moda esige collezioni nuove a tempi record, chiedendo ai fornitori consegne sempre più rapide. A quale prezzo? La cosiddetta "moda veloce", condiziona i cicli produttivi delle imprese italiane, battute sui tempi da Cina, Vietnam, Taiwan, Arabia Saudita, paesi dove il rispetto per i lavoratori o il territorio non è garantito. Dove i prodotti spesso non sono conformi ai requisiti eco-tossicologici. Eppure vengono importati e venduti lo stesso in Europa. Una situazione paradossale. Le imprese della UE devono rispondere a requisiti inerenti la sicurezza della merce, dei processi produttivi, come prevede il REACH (il Regolamento per la Registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche), mentre articoli tessili contenenti sostanze tossico-nocive, il cui utilizzo è vietato o ristretto in Europa, sono comunque introdotti nel territorio comunitario. E così non sono poche le aziende che hanno deciso di delocalizzare parti delle loro fasi produttive in paesi extra UE.

Per fortuna Lanartex da tempo sollecita i propri clienti a rispettare i capitolati ecologici assistendoli nella scelta dei test ed analisi più adatti a seconda del tipo del materiale usato nelle proprie collezioni.
Lanartex sta promuovendo l’utilizzo di una etichetta intelligente che permetta al consumatore di sapere in un istante tutte le informazioni sull’etichettatura, metodi di manutenzione e informazioni di caratterizzazione eco-tossicologica sul capo che stanno acquistando.

Lanartex sempre al passo con i tempi…
Per maggiori informazioni sulle sostanze tossiche presenti nei tessuti scriveteci a marketing@lanartex.it