Vestirsi è sempre stato un modo per proteggersi e per coprirsi. Adesso rischia di diventare pericoloso per chi ha la pelle sensibile, per i bambini, per chi soffre di allergie.  È possibile che i jeans che indossate siano stati trattati con prodotti nocivi alla persona, la t-shirt o l’abito o addirittura l’intimo che state acquistando contengono nichel, pentaclorofenolo, coloranti cancerogeni, tutte sostanze chimiche che possono diventare pericolose. Non è un caso che il 7-8 % delle patologie dermatologiche sono dovute a capi d'abbigliamento. Ed è proprio l'Associazione Tessile e Salute a rendere noto il dato (http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/07/18/news/i_nostri_veleni_quotidiani_3_cosa_indossiamo_-63248828/). Anche Lanartex dopo aver svolto un'indagine sul territorio (Regione Toscana), acquistando ed analizzando campioni prelevati dal mercato per cercare la presenza di sostanze pericolose, ha fatto un resoconto ed il risultato non è affatto positivo. 

È stato constatato che i livelli di PH nel 29% dei casi non venivano rispettati. Inoltre nei tessuti è stata riscontrata la presenza di metalli pesanti (6%), ammine aromatiche cancerogene (4%), coloranti allergenici (4%), formaldeide (4%). Mentre sulle calzature in pelle, soprattutto d'importazione, si è scoperto che il 40% di queste conteneva cromo VI: un agente cancerogeno.

Secondo un'altra inchiesta svolta dalla SIDAPA* (Società Italiana di Dermatologia Allergologica Professionale e Ambientale sulle dermatiti da tessuti) su 401 pazienti (dai 5 agli 84 anni) i tessuti erano causa di allergie per il 69,1% dei casi; gli accessori metallici dell'abbigliamento per il 16,5%; le scarpe per il 14,4%. (*dati raccolti da internet)

Nell'abbigliamento dei bambini abbiamo riscontrato: pentaclorofenolo, formaldeide, tetraclorofenolo, nonilfenolo etossilato al di sopra di quanto permesso nei principali capitolati ecologici privati . 

Analizzando la composizione fibrosa dei capi di abbigliamento, nel 30% circa dei casi la composizione delle fibre riportate in etichetta è sbagliata, per non parlare delle modalità di lavaggio indicate in etichetta, molte sono con simboli errati e quando questi sono corretti, i consigli di manutenzione non rispecchiano le proprietà dei tessuti usati!

Questo fatto non sembra proprio in cima ai pensieri del mercato, che soprattutto nella moda esige collezioni nuove a tempi record, chiedendo ai fornitori consegne sempre più rapide. A quale prezzo? La cosiddetta "moda veloce", condiziona i cicli produttivi delle imprese italiane, battute sui tempi da Cina, Vietnam, Taiwan, Arabia Saudita, paesi dove il rispetto per i lavoratori o il territorio non è garantito. Dove i prodotti spesso non sono conformi ai requisiti eco-tossicologici. Eppure vengono importati e venduti lo stesso in Europa. Una situazione paradossale. Le imprese della UE devono rispondere a requisiti inerenti la sicurezza della merce, dei processi produttivi, come prevede il REACH (il Regolamento per la Registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche), mentre articoli tessili contenenti sostanze tossico-nocive, il cui utilizzo è vietato o ristretto in Europa, sono comunque introdotti nel territorio comunitario. E così non sono poche le aziende che hanno deciso di delocalizzare parti delle loro fasi produttive in paesi extra UE.

Per fortuna Lanartex da tempo sollecita i propri clienti a rispettare i capitolati ecologici assistendoli nella scelta dei test ed analisi più adatti a seconda del tipo del materiale usato nelle proprie collezioni.
Lanartex sta promuovendo l’utilizzo di una etichetta intelligente che permetta al consumatore di sapere in un istante tutte le informazioni sull’etichettatura, metodi di manutenzione e informazioni di caratterizzazione eco-tossicologica sul capo che stanno acquistando.

Lanartex sempre al passo con i tempi…
Per maggiori informazioni sulle sostanze tossiche presenti nei tessuti scriveteci a marketing@lanartex.it